Punto di riferimento della cucina spagnola e ricetta più conosciuta a livello internazionale, la paella non è un semplice piatto tipico ma, per le sue caratteristiche e la sua lunga storia, è espressione dell’identità gastronomica di un popolo, soprattutto perché veicolo di aggregazione sociale e condivisione. Quando ci si ritrova con amici e parenti per mangiare la paella, in occasione di qualche festa o per il pranzo della domenica, la lunga preparazione richiesta da questo piatto diviene tempo prezioso da passare insieme. Scopriamo di più sulle origini della paella, la ricetta originale, le sue varianti e i segreti per realizzarla come un vero valenzano.
Le fonti storiche collocano le origini della paella tra il XV e il XVI secolo nell’area lagunare di Albufera, a sud di Valencia, ma le prime testimonianze su questo piatto sono del XVIII secolo: viene citato infatti in un manoscritto catalano.
La paella nasce dal bisogno dei contadini di consumare un pasto semplice ma sostanzioso per sostenere il duro lavoro nei campi, impiegando gli ingredienti che la campagna dell’entroterra metteva loro a disposizione ossia riso, carne di pollo e coniglio, ortaggi di stagione e aromi.
Il termine valenzano paella deriva dal latino patella, da cui proviene anche la parola italiana padella e indicava inizialmente una padella in ferro poco profonda e larga dai 20 centimetri ai 2 metri, con due manici. È difatti una pietanza concepita per essere condivisa con molte persone: originariamente doveva sfamare una famiglia o più insieme. Veniva preparata sul fuoco alimentato da legna di arancio, tipica delle campagne valenzane, che ha la peculiarità di ardere in maniera costante, garantendo così una distribuzione del calore uniforme sul fondo della padella e una cottura omogenea. Nel corso dei secoli, la paella, per metonimia, prese quindi il nome dalla grande padella in cui veniva preparata, che oggi si chiama paellera.
Il vero protagonista della paella valenzana è il riso: non uno qualunque, ma l’arroz de Valencia DOP, coltivato nella zona di Albufera sin dal XIII secolo, e in particolare la varietà Bomba, che si differenzia per la forma del chicco che rimane più tozza. Questo riso è perfetto per la preparazione della paella perché rilascia bassissime quantità di amido in cottura ed è in grado di raddoppiare il suo volume, assorbendo in misura maggiore gli aromi del brodo e degli altri ingredienti senza sfaldarsi nonostante la lunga cottura.
La paella originale, a dispetto di ciò che si pensa comunemente, è solo quella a base di carne, con pezzi di coniglio e pollo rosolati. Trattandosi di un piatto di recupero, alcune famiglie aggiungono pure costolette di maiale o persino le lumache. Importantissima anche la scelta delle verdure: nella vera paella non devono mai mancare peperoni, pomodoro fresco grattugiato, piattoni e garrafones, una varietà autoctona valenciana di fagioli bianchi e dalla forma piatta. A seconda della stagione, poi, con il variare delle verdure possiamo trovare carciofi oppure asparagi, peperoni o funghi di carne. Altro protagonista indiscusso della paella è lo zafferano, che conferisce il tipico colore giallo al riso e contribuisce a insaporire delicatamente. Non manca inoltre un mix di spezie e aromi che in genere include in diverse proporzioni pepe nero, chiodi di garofano, paprika dolce, timo, rosmarino e noce moscata.
Nel corso dei secoli la ricetta della paella si è diffusa anche nelle altre regioni della Spagna, prestandosi a molte reinterpretazioni e variando gli ingredienti in base alla disponibilità della zona. Sappiamo che la vera paella valenciana è a base di carne, con ortaggi che possono cambiare a seconda della stagione; nelle località costiere della Spagna, dalla Catalogna sino all’Andalusia, invece, è il mare a offrire le risorse principali e difatti la paella de marisco è con crostacei e molluschi. Gamberoni, scampi, cozze, seppie e calamari sono uniti alla passata di pomodoro e al peperoncino per dare un tocco piccante e il brodo utilizzato per la cottura è un fumetto di pesce. Si tratta senza dubbio della variante di paella più scenografica, anche perché una parte di cozze e crostacei interi viene disposta sul riso a fine cottura per guarnire il piatto.
Dalla paella de marisco deriva poi la paella negra, nota pure come arroz negro (riso nero), così chiamata perché al posto dello zafferano si impiega il nero di seppia, che conferisce al piatto il tipico colore. Questa variante è diffusa soprattutto nell’area costiera della Comunidad Valenciana e della Catalogna e viene servita tradizionalmente insieme alla salsa aioli. Figlia della paella de marisco è anche l’arroz del senyoret (riso del signorino) di Alicante, così chiamato perché i frutti di mare sono già puliti e sbucciati e la si può mangiare senza sporcarsi le mani. Meno comune di quanto si creda è, invece, la paella mista, che fonde insieme cultura contadina e marinara includendo carni bianche e frutti di mare: il risultato finale è decisamente gustoso e bilanciato poiché la carne arricchisce e completa la sapidità di crostacei e molluschi. La variante della paella più particolare è senza dubbio la fideuà, originaria della zona di Gandia: in questo caso il riso bomba viene sostituito dai fideos, degli spaghettini sottili tagliati corti simili ai capelli d’angelo. La fideuà è di mare, a base di crostacei, molluschi e bocconcini di rana pescatrice conditi con passata di pomodoro, zafferano e paprika. Anche in questo caso si serve con della salsa aioli da aggiungere a piacere.
La ricetta della paella non si improvvisa: se si vuole ottenere un piatto impeccabile ci vuole tempo, strumenti adatti, ingredienti giusti e alcuni importanti accorgimenti. Ecco le regole per realizzare una paella originale perfetta: